Chiese di Valle-Rivalpo
Chiesa di San Martino Vescovo
Valle-Rivalpo
La chiesa di Rivalpo e Valle fu eretta sotto il titolo di S. Martino prima della metà del XV secolo; poiché da testamento di certo Giovanni Quondam Michele di Val – nell’anno 1399 si rilevano alcune disposizioni con le quali il testatore beneficiava la Chiesa di S. Martino di Val e ciò viene inoltre confermato dai documenti autentici di una lite discussa davanti all’ufficio arcidiaconale di Tolmezzo nell’anno 1412 contro “Uno di Val possessore de i beni di Quondam Candido da d’Inquano che non pagava i già antichi legati fatti da quest’ultimo alla chiesa di S. Martino, di Rualp – Val”.
Questa chiesa, fino al 1470, dipendeva dal Rev. Sac. Curato di Ognissanti di Sutrio, come risulta dagli atti notarili di Gasparini Micheli da Tolmezzo, pubblico Notarius.
In quell’ epoca il Rev. Preposito Brunetti affidava la Chiesa di S. Martino di Rivalpo al Sac. Curato di S. Stefano di Piano, che la resse per circa 50 anni per cedere il testimone, il 31 agosto 1547, al primo curato residente in loco il sac. Giovanni di Antonio Bergamense Vicentino.
L’assetto l’attuale della chiesa le è stato conferito alla fine del XIX secolo da don Giacomo Cappellari (1864-1941) di Pesariis, giunto a Rivalpo-Valle da Dordolla (Moggio Udinese) con fama di «prete architetto, capomastro, muratore, scultore».
In una relazione stesa in occasione della visita pastorale avvenuta nell’agosto del 1899, all’interno, l’impianto basilicale è definito da esili colonne in pietra dolomia che sostengono i soffitti marcati da leggeri costoloni, mentre le vele della volta del presbiterio, fittamente ripartite, sono completamente affrescate. Poco però è rimasto degli antichi affreschi dell’Urbanis: sono attualmente visibili soltanto le figure dell’Eterno Padre, San Girolamo, San Gregorio, San Bonaventura (?), San Giovanni evangelista, Santa Caterina d’Alessandria, Santa Lucia, Sant’Agnese e Sant’Apollonia,quasi tutte ampiamente ritoccate. Le restanti campiture e i costoloni sono stati invece affrescati verso gli anni Venti del secolo scorso da Giuseppe Barazzutti, il pittore gemonese.
Sotto queste ricche volte è accolto l’Altar maggiore, vera summadello stile eclettico espresso in questa chiesa e del disinvolto uso dei materiali costruttivi che la compongono. Il paliotto e la mensa sono costruiti in marmi policromi antichi e di pregio, mentre l’alzata ai lati del tabernacolo è in finto marmo bianco. Questo, con il ricco padiglione che lo sovrasta sostenuto da quattro colonne tortili, è in marmo bianco mentre le due figure laterali dell’Assunta e di San Martino sono in legno dipinte a finto marmo bianco. Altri quattro altari, adornano le navate laterali. Nella cappella di sinistra è collocato quello dedicato al Cuor di Maria. In cornu Evangeli è collocato invece l’altare dedicato a San Giuseppe col presepio, mentre in cornu Epistolæ si trova l’altare dedicato a San Valentino.
L’altro altare è dedicato a Sant’Antonio da Padova e a San Floreano.
Chiesa di Sant’Andrea
Lovea
Da un documento risulta che in Luveja/Lupeja (Lovea), nel XIII secolo, esisteva un ospizio di religiosi addetti all’assistenza spirituale e corporale dei pellegrini che dall’Alta Val d’Incaroio si recavano alla Pieve di Illegio. Nel 1327 d.C. il Preposito della Pieve di S. Pietro, nelle sue disposizioni testamentarie, fa cenno alla Chiesa di Lovea dedicata a S. Andrea apostolo, dove “…di tanto in tanto viene un sacerdote ad officiare”.
Nel 1470 Lovea, con Rivalpo, Valle, Piedim, e Cabia, passa alle dipendenze della Chiesa di S. Stefano di Piano d’Arta, e soltanto nel periodo compreso tra il 1749 ed il 1796 a Lovea è presente un cappellano stabile, don Andrea Sandri, nato nel 1721 nella casa dei Pirîz (la sua tomba è segnata sul pavimento della chiesa da una lastra di marmo rosso a sinistra, vicino all’ingresso).
Nel 1924 il Vescovo Mons. Rossi firma il decreto di erezione a parrocchia indipendente della Chiesa di Lovea.
Sul soffitto e sulle pareti del transetto in alto sono raffigurati alcuni Simboli sacramentali(Fonte, Agnus Dei, Giglio coronato, Pellicano) con al centro il simbolo della Trinità.
Le statue della Madonna e di San Luigi sono state commissionate alla Bottega d’arte Stuflesser di Val Gardena durante il mandato sacerdotale di don Pietro Pertoldi da Lestizza, a Lovea dal 14/8/1920 al 2/9/1921.
Durante il mandato sacerdotale di don Lenarduzzi 14/5/1922 al 14/5/1925 viene demolita la vecchia cella campanaria e costruita una nuova più grande, al fine di poter ospitare tre campane al posto delle due asportate dagli Austriaci invasori nel giugno del 1918.
Le nuove campane arrivano in paese, trainate su slitte da Stazione Lovea, il 20/3/1923. C’è pure una campanella da collocare all’esterno della Chiesa, ad uso catechismo.
Nel 1439 la peste cancella a Lovea quasi ogni presenza umana: sopravvivono due soli uomini, Nicolò Vinturo e Leonardo, che per farsi aiutare nei lavori della campagna ricorrono all’aiuto di altre persone provenienti da Castoia, dalla val d’Incarojo, da Imponzo e da Trelli. Il paese pian pianino si ricostituisce, per raggiungere nei secoli successivi le 400 presenze. Oggi il numero delle presenze raggiunge a malapena il centinaio.